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San Basilio

Il celibato nella vita comune, cerca di dire un amore per l’Altro e per gli altri

Mt 19,9-12

In quel tempo Gesù, rispose ad alcuni farisei che volevano metterlo alla prova: 9 “Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di unione illegittima, e ne sposa un’altra, commette adulterio». 10Gli dissero i suoi discepoli: «Se questa è la situazione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi». 11Egli rispose loro: «Non tutti capiscono questa parola, ma solo coloro ai quali è stato concesso. 12Infatti vi sono eunuchi che sono nati così dal grembo della madre, e ve ne sono altri che sono stati resi tali dagli uomini, e ve ne sono altri ancora che si sono resi tali per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca».

«Hai studiato la natura degli esseri, e di tutti hai considerato l’instabilità; immutabile hai trovato solo Colui che, oltre ogni essenza, è Artefice dell’universo. Così, aderendo a lui, hai respinto l’amore per ciò che non è».

Con queste parole la Chiesa d’Oriente fa memoria di san Basilio (330-379), il santo vescovo di Cesarea in Cappadocia che, dopo essere stato pellegrino nelle terre dei Padri del monachesimo in Egitto, in Palestina e Mesopotamia, si ritirò in solitudine sulle rive del fiume Iris, vicino ad Annesi, presso Neocesarea, e raccolse intorno a sé una comunità monastica cenobitica, per la quale compose le Grandi Regole e le Piccole Regole, tanto da ricevere il titolo di «legislatore del monachesimo orientale».

Strappato poi alla solitudine, fu chiamato a servire la Chiesa come presbitero e vescovo, mostrandosi pastore misericordioso, attento agli ultimi, maestro della verità e della carità, «amante della sapienza» e custode dell’unità della Chiesa. «Ape della Chiesa di Cristo», come lo definisce la liturgia bizantina, Basilio, «armato del pungiglione dell’amore di Dio», ha combattuto le eresie che sfiguravano il volto di Cristo e laceravano la Chiesa, e ad un tempo ha saputo accumulare nel cuore dei fedeli la dolcezza di quella fede che aderisce al Signore, divenendo così la figura sintetica della santità biblica: «Di tutti i santi hai riprodotto le virtù, padre nostro Basilio: di Mosè, la mitezza, di Elia, lo zelo, di Pietro, la confessione, di Giovanni, la teologia, e, come Paolo, non hai cessato di gridare: Chi è debole, che io non lo sia? Chi subisce scandali, senza che io ne arda?».

Le parole del Vangelo secondo Matteo hanno trovato realizzazione piena nelle opere e nei giorni di Basilio, figura di quell’eunuchia assunta e abbracciata per il regno di Dio. L’eunuchia, il celibato nella vita comune, cerca di dire un amore per l’Altro e per gli altri, per Dio e per gli uomini, vissuto con cuore indiviso, «con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima, con tutta la forza e con tutta la mente» (Lc 10,27), quale risposta libera alla peculiare chiamata a vivere radicalmente la propria vocazione battesimale.

Il «farsi eunuchi» dice la libertà necessaria e doverosa nella scelta di abbracciare questo stato di vita, nella rinuncia al matrimonio, per vivere altrimenti l’amore, la libertà e la fecondità stessa. Nel contempo, questa pagina del Vangelo enuncia anche la causa e la finalità del celibato: «per il regno dei cieli», un regno che non è un luogo fisico, ma un evento, l’evento della presenza misericordiosa e amante del Signore in mezzo agli uomini, quell’evento che è il Cristo stesso, quale presenza vivente del Dio vicino, venuto nella storia.

«Chi può capire, capisca»: se ogni vocazione è, in fondo, un mistero, la Scrittura non nasconde la difficoltà nell’entrare nella comprensione di questa chiamata, di farvi spazio e di acconsentirvi. Il Vangelo chiede di “fare spazio” per comprendere la destinazione universale dell’amore di Dio, che è per tutti. A quanti vivono nel celibato è chiesto (e, insieme, è donato) di narrare con la loro vita, i loro gesti e le loro parole questo amore che ci precede, ci accompagna e ci sospinge.