NotizieNotizie della ComunitàAgenda della Comunità

Gesù consolatore e buon pastore 

Gv 10,1-10

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli1 «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.

7Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.»

La pagina evangelica che leggiamo in questa memoria è rivelazione di Gesù pastore e consolazione e giudizio dei cristiani.

Consolazione del credente perché se ci sono falsi pastori, ladri e briganti, esiste anche un sensus fidei fidelium, un senso delle pecore che sanno discernere il vero dal falso pastore. Non c’è solo l’odore delle pecore, come ripete papa Francesco, ma anche il fiuto delle pecore, la capacità di discernere la voce del Signore e del vangelo. “Un estraneo non lo seguiranno”. Un antico testo cristiano, la Didaché, afferma che criterio di discernimento del vero profeta è che abbia “i modi del Signore”. Avere i modi del Signore significa conoscere e assumere come proprie le modalità con cui Gesù vive.

Ma c’è anche giudizio della comunità cristiana. E il primo giudizio è dato dall’incomprensione dei discepoli:Non capirono di cosa parlava loro”. Il non capire indica anche un rifiuto della persona che ha parlato. Il verbo usato per indicare il parlare di Gesù è verbo di rivelazione, e dunque dietro all’incomprensione dei discepoli c’è un non aderire, un rifiutare il Messia. Da cosa nasce l’incomprensione? Per parlare di realtà di fede Gesù non usa il linguaggio religioso, ma il semplice linguaggio umano del lavoro del pastore. L’intelligenza di chi ascolta sta nel penetrare attraverso il linguaggio e le immagini pastorali per cogliere in esse il messaggio teologico.

Il testo parla di un esodo che il Cristo fa fare alle sue pecore: “Il pastore chiama le pecore ciascuna per nome e le conduce fuori”. Il vocabolo che designa il recinto delle pecore non è quello usuale per indicare questa realtà, ma un termine che indica l’atrio del tempio. Nel v. 10 il termine tradotto con “uccidere” in greco è “sacrificare”: e i sacrifici si fanno al tempio. E come qui vengono denunciati ladri e briganti, altre volte, riprendendo il profeta Geremia che denunciava che il tempio era diventato spelonca di briganti e di ladri (cf. Ger 7,11), Gesù aveva pronunciato parole simili sul tempio e su coloro che lo avevano ridotto a luogo di commercio e di compravendita, a covo di briganti. Parole di fuoco che si accompagnavano alla passione per la casa del Signore: “Lo zelo per la tua casa mi divorerà”. Come già in Giovanni 2,13-22, il quarto evangelista vuole dire che non il tempio, ma il corpo di Gesù, la vita di Gesù culminata nella sua morte e resurrezione, dà accesso alla comunione con Dio.

Dunque Gesù fa uscire, e l’esodo è movimento di uscita, ma anche di ingresso, è un movimento totale. Tutta la vita, colta come sequela di Gesù Cristo, è un movimento di esodo, di liberazione. Si tratta di passare attraverso la porta che è Cristo stesso: allora uno “entrerà e uscirà”, cioè vivrà pienamente la sua vita umana in Cristo. Entrare e uscire è espressione che indica tutta la vita umana riassunta nei due atti fondamentali di entrare e uscire, di nascere e morire. L’esodo a cui il credente è chiamato è la vita stessa: si tratta di abitare la vita passando sempre di nuovo attraverso la porta che è Cristo.

La vita in abbondanza è appunto questa nostra vita innestata in Cristo e in lui risignificata, e che già qui e ora, grazie alla potenza dell’agape, anticipa e profetizza la vita presso il Padre, la vita eterna.